Reale O Virtuale?

Con "realtà" intendiamo ciò che esiste effettivamente. "Virtuale" invece indica qualcosa di simulato, qualcosa che scimmiotta la realtà.
Guardando alle nuove forme di tecnologie, pc ipad, starphone, connessioni super veloci, alta definizione, non si può non lodare l'intelligenza dell'uomo, capace di grandi cose.
All'ingresso del Maker Faire, la più prestigiosa fiera tecnologica del mondo, troneggia maestoso un monito: "SE LO PUOI IMMAGINARE, LO PUOI FARE".
Questo ci pone davanti molti interrogativi etici:
il solo fatto che posso farlo, che sono in grado di farlo, mi autorizza a farlo?
Tutto è lecito? Tutto è buono?
Tutta la scienza che si pone al servizio dell'uomo è buona, ma se il fine diventa il post-umano, il superamento dei nostri limiti, l'andare oltre, il rischio è quello di proiettarsi sulla realtà come fossimo Dio.
Questo modus operandi fa trapelare un desiderio di dominio, di avere tutto e subito, senza restrizioni di spazio e tempo. Vorremmo essere ovunque e in ogni istante alla velocità di un click, e se il mondo fisico ancora ci impone dei limiti, il virtuale rappresenta quello che l'America rappresentava per i nostri nonni, la terra promessa, la terra delle grandi opportunità. Non sei soddisfatto della tua vita? Su second life, puoi essere chi vuoi, puoi farti un profilo sui social e dare di te l'immagine accattivante, vincente, che hai sempre desiderato. E se qualche cosa non ti piace... si può sempre cancellare. Puoi raggiungere chiunque alla velocità del desiderio, inviare immagini, frasi, prendere appuntamenti. Puoi essere virtualmente presente in ogni luogo, la bilocazione dei santi è cosa vecchia, davanti a te si aprono connessioni multiple. Non sto demonizzando il progresso, anche se dovremmo chiarirci su cosa intendiamo per progresso, ne sto colpevolizzando le macchine, che di per se sono neutre, ma il bisogno smodato d'onnipotenza che ci proiettiamo sopra, l'appagamento di un bisogno che crediamo sia nostro diritto, solo perchè è a portata di click. Cosa mi serve avere 10000 canali sulla tv se poi non so cosa guardare. Cosa mi serve il poter andare ovunque se poi vago senza meta?.
L'eccessiva possibilità troppo spesso riduce la qualità della vita.
Navighiamo come se stessimo vivendo e viviamo come se stessimo navigando.
La velocità delle nuove tecnologie imprime ritmo all'esistenza, l'ultimo smartphone sarà sempre più veloce del nostro, l'ultimo mac dimezza le attese di sistema. Ma perchè ricercare tutta questa celerità? A cosa ci serve? Perchè non riusciamo a stare nei tempi morti della vita? Stiamo crescendo generazioni di ragazzi ansiosi, frustrati, impazienti, incapaci di radicarsi nel reale dell'esistenza. Le informazioni vengono date in pillole, tutto è diventato smart, rapido e indolore. Non si tratta più d'informare ma di catturare l'attenzione, perchè se un individuo non appaga nell'immediato il suo bisogno di curiosità, con un movimento del dito passa ad altro. C'è una sovrabbondanza di dati, di possibilità, diamo sbirciatine veloci a tutto, senza soffermarci a riflettere, meditare, incamerare. Questo si riflette sul linguaggio, sulla cultura, sulle emozioni.
La creazione è lenta, l'evoluzione è lenta, c'è il bisogno esistenziale di ritrovare il nostro passo, una cultura artigianale delle cose.
C'è una cultura del limite che dobbiamo riprendere, imparare a stare ben piantati su quello che è, non quello che potrebbe essere. Ricominciamo a fare lunghe passeggiate, evitiamo le scorciatoie, riscopriamo le allungatoie, riscopriamoci nel reale, e poi potremmo usare anche il virtuale.
Guardando alle nuove forme di tecnologie, pc ipad, starphone, connessioni super veloci, alta definizione, non si può non lodare l'intelligenza dell'uomo, capace di grandi cose.
All'ingresso del Maker Faire, la più prestigiosa fiera tecnologica del mondo, troneggia maestoso un monito: "SE LO PUOI IMMAGINARE, LO PUOI FARE".
Questo ci pone davanti molti interrogativi etici:
il solo fatto che posso farlo, che sono in grado di farlo, mi autorizza a farlo?
Tutto è lecito? Tutto è buono?
Tutta la scienza che si pone al servizio dell'uomo è buona, ma se il fine diventa il post-umano, il superamento dei nostri limiti, l'andare oltre, il rischio è quello di proiettarsi sulla realtà come fossimo Dio.
Questo modus operandi fa trapelare un desiderio di dominio, di avere tutto e subito, senza restrizioni di spazio e tempo. Vorremmo essere ovunque e in ogni istante alla velocità di un click, e se il mondo fisico ancora ci impone dei limiti, il virtuale rappresenta quello che l'America rappresentava per i nostri nonni, la terra promessa, la terra delle grandi opportunità. Non sei soddisfatto della tua vita? Su second life, puoi essere chi vuoi, puoi farti un profilo sui social e dare di te l'immagine accattivante, vincente, che hai sempre desiderato. E se qualche cosa non ti piace... si può sempre cancellare. Puoi raggiungere chiunque alla velocità del desiderio, inviare immagini, frasi, prendere appuntamenti. Puoi essere virtualmente presente in ogni luogo, la bilocazione dei santi è cosa vecchia, davanti a te si aprono connessioni multiple. Non sto demonizzando il progresso, anche se dovremmo chiarirci su cosa intendiamo per progresso, ne sto colpevolizzando le macchine, che di per se sono neutre, ma il bisogno smodato d'onnipotenza che ci proiettiamo sopra, l'appagamento di un bisogno che crediamo sia nostro diritto, solo perchè è a portata di click. Cosa mi serve avere 10000 canali sulla tv se poi non so cosa guardare. Cosa mi serve il poter andare ovunque se poi vago senza meta?.
L'eccessiva possibilità troppo spesso riduce la qualità della vita.
Navighiamo come se stessimo vivendo e viviamo come se stessimo navigando.
La velocità delle nuove tecnologie imprime ritmo all'esistenza, l'ultimo smartphone sarà sempre più veloce del nostro, l'ultimo mac dimezza le attese di sistema. Ma perchè ricercare tutta questa celerità? A cosa ci serve? Perchè non riusciamo a stare nei tempi morti della vita? Stiamo crescendo generazioni di ragazzi ansiosi, frustrati, impazienti, incapaci di radicarsi nel reale dell'esistenza. Le informazioni vengono date in pillole, tutto è diventato smart, rapido e indolore. Non si tratta più d'informare ma di catturare l'attenzione, perchè se un individuo non appaga nell'immediato il suo bisogno di curiosità, con un movimento del dito passa ad altro. C'è una sovrabbondanza di dati, di possibilità, diamo sbirciatine veloci a tutto, senza soffermarci a riflettere, meditare, incamerare. Questo si riflette sul linguaggio, sulla cultura, sulle emozioni.
La creazione è lenta, l'evoluzione è lenta, c'è il bisogno esistenziale di ritrovare il nostro passo, una cultura artigianale delle cose.
C'è una cultura del limite che dobbiamo riprendere, imparare a stare ben piantati su quello che è, non quello che potrebbe essere. Ricominciamo a fare lunghe passeggiate, evitiamo le scorciatoie, riscopriamo le allungatoie, riscopriamoci nel reale, e poi potremmo usare anche il virtuale.